“INSEGNANTI, NON TAPPABUCHI”
Sono ormai trascorsi tanti decenni dal varo e dall’applicazione delle leggi fondamentali che in Italia, caso pressoché unico al mondo, hanno stabilito per ogni alunna e alunno con disabilità il diritto a frequentare le scuole comuni.
Eppure, per una inveterata abitudine pregiudiziale, ancora stenta a diventare pratica diffusa in tante nostre scuole un principio fondamentale che dovrebbe essere ormai assimilato: l’insegnante di sostegno ha pari dignità, pari professionalità, pari importanza nell’economia del lavoro didattico, perché pari dignità e pari diritti hanno le sue allieve e i suoi allievi con disabilità. In tanti (troppi) casi l’insegnante di sostegno è sacrificabile, spostabile a piacimento nella scacchiera dell’orario scolastico, qualsiasi sia la sua programmazione giornaliera, qualsiasi siano le esigenze degli allievi a lui affidati.
Eppure anni di strapotere dirigenziale inaugurato dalla “buona scuola”, anni di scuola-miseria a partire dagli 8 miliardi di tagli imposti dal duo Gelmini-Tremonti, hanno trasformato la scuola pubblica italiana in un campo di battaglia, dove la condivisione pedagogica e il diritto allo studio si trasformano in materia di codici e codicilli e diventano terreno di scontri campali o (assai più spesso!) di silente acquiescenza ai diktat dirigenziali.
Sarà compito di chi è testimone e partecipe in prima persona, a cominciare proprio dall’insegnante di sostegno, informare, mobilitarsi e agire, in sinergia anche con le famiglie degli allievi e delle allieve con disabilità. Sarà suo compito coinvolgere, qualora non riscontri la sensibilità e la dovuta attivazione da parte dei suoi diretti superiori, le associazioni in difesa dei diritti delle persone disabili e il sindacato Cobas attivo sul territorio. La persona, il lavoro, la professionalità dell’insegnante di sostegno, e allo stesso tempo il diritto allo studio di ogni studente, devono ricevere la stessa attenzione e lo stesso rispetto di cui godono tutti gli altri membri della comunità scolastica. Quando anche la scuola italiana avrà assimilato questo semplice assunto non ci sarà più bisogno di vademecum come questi.
di VALENTINA ZIN
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