10° Rapporto di ricerca realizzato dall’Osservatorio 'Generazione Proteo' dell’Università degli studi Link
In occasione della Fiera Didacta Italia Sicilia sono stati presentati i dati 10° Rapporto di ricerca realizzato dall’Osservatorio 'Generazione Proteo' dell’Università degli studi Link, che ha visto intervistati centinaia di studenti della regione Sicilia di età compresa tra i 16 e i 19 anni.
La ricerca, realizzata in partnership con Grandi Scuole, ha visto intervistati circa 5.000 studenti italiani 16-19enni, rappresentativi dell’intero territorio nazionale.
«Il 10° Rapporto – dichiara il prof. Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – ci consegna l’identikit di una generazione che rompe definitivamente gli indugi e, dinanzi a una società destrutturata, ormai sempre più povera di slanci, valori, relazioni e alla ricerca di un’identità, prende in mano le redini della situazione. Giovani che prendono le distanze da una società in cui non si riconoscono, desiderosi di riscrivere scuola, lavoro, stili di vita, politica. Senza dimenticare quell’attenzione verso l’altro di cui vogliono prendersi cura».
Il Rapporto evidenzia come a due anni dallo scoppio della pandemia, i giovani italiani tracciano un bilancio della didattica a distanza: il 30,8% la ritiene responsabile di aver peggiorato la formazione, mentre il 32,1% ha evidenza che essa abbia creato molti disagi psico-sociali agli studenti. Di qui dunque la richiesta, formulata da 1 intervistato su 4 (26,3%), di investire i fondi del PNRR destinati alla scuola principalmente in attività di supporto psicologico agli studenti.
Insegnanti: promossi su competenze e preparazione. Bocciati su tecnologie. Chiamati a valutare i propri insegnanti, i giovani ne premiano la preparazione (48,6% buono; 31,1% ottimo) e le competenze didattiche (48,7% buono; 12,5% ottimo). Per contro, emergono giudizi più critici circa la padronanza delle tecnologie (24,2% insufficiente; 48,5% sufficiente) e la capacità di ascolto (24% insufficiente; 36,2% sufficiente). Nel complesso, il 36,5% ritiene che gli insegnanti più bravi lo siano per una propria vocazione personale, mentre il 23,4% li percepisce stressati. Per il 10,7% essi sono oppressi da troppa burocrazia.
1 giovane su 3 vuole studiare e lavorare insieme. «Paladini del learning by doing – dichiara il prof. Nicola Ferrigni – i giovani italiani rifiutano la tradizionale distinzione tra formazione e lavoro». Il 30,2%, infatti, svolge già un’attività (cameriere, allenatore, babysitter, ecc.) in concomitanza con lo studio, mentre è pari al 28% la percentuale di chi ha in programma di studiare e lavorare insieme durante l’università.
di VALENTINA ZIN
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